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 La
        prima lite (storica) tra Ceglie e Ostuni 
 di Pasquale Elia 
        
        Prima
        di presentare, tradotto, l'unico documento di epoca medioevale (1100) in
        cui si parla di Ceglie sarà bene conoscere i personaggi.   (Sire)
        PAGANO,
        viene
        indicato da ACCARDO, per grazia di
        Dio Onnipotente, signore della Città di Ostuni, quale padrone del Castello
        di Ceglie. PAGANO,
        potrebbe essere stato uno straniero di rango elevato (Longobardo
        o bizantino oppure vichingo) venuto da lontano, un soprannome
        affibbiato ad uno non credente, o uno di religione diversa, quindi non
        cristiano, che per la popolazione indigena pertanto era sempre comunque
        un PAGANO. Potrebbe essere
        stato anche un soldato normanno (si convertirono ben presto al
        cristianesimo), che per i servigi resi alla corona o per il suo valore
        dimostrato in combattimento il principe Goffredo gli avrebbe potuto
        donare il castello di Ceglie con le terre circostanti.
          Il
        signor PAGANO, per Edgardo Noya DI BITETTO, in Blasonario
        Generale di Terra di Bari, Sala Bolognese, 1981, ristampa Ed. 1912,
        p. 137, era certamente un normanno, non ancora convertito al
        cristianesimo, forse, perciò PAGANO. La scarsità di documentazione ci
        costringe purtroppo ad azzardare solo delle ipotesi.  Sire,
        in latino, ha il significato di signore. Sappiamo per
        certo che i Greci usavano premettere al proprio nome l'appellativo di
        "KIR",
        ovvero "signore". Le
        chiese, per esempio, costruite da privati assumevano il nome delle
        famiglie emergenti come "de kiri Adralisto", "de kiri
        Jannacio". Il castello di Ceglie, visto sotto questa ottica,
        potrebbe essere stato costruito da PAGANO, "de kiri Paganus",
        ovvero Sire PAGANUS, quindi, signor PAGANO. Egli viene conosciuto,
        infatti, (Sire)
        signor Pagano, padrone del Castello di Ceglie.  Possiamo
        affermare pertanto che la costruzione del Castello di Ceglie risalirebbe
        a parecchi anni prima del 1100. Ho ipotizzato tra il 1050 e il 1070 con
        l'arrivo delle popolazioni normanne, ma potrebbe essere molto più
        antico di quanto si possa pensare (Longobardo o bizantino), soprattutto
        per il fatto che, nel 1100, i confini con la città di Ostuni erano ben
        delineati. Qualche sopralluogo all'interno dei giardini, per esempio,
        potrebbe rivelarci grosse sorprese.  Non
        conosciamo il motivo per cui Accardo usa nei confronti del figlio di
        costui - Sire Paganus filius Dni de Castillo Cilii - (di cui non sappiamo il
        nome, ma non sappiamo il nome nemmeno del padre), un trattamento e un
        rispetto davvero inconsueto per quegli anni. Il Pagano si era lamentato
        con Accardo perché i pascoli nelle vicinanze del confine con Ostuni
        venivano spesso violati dai confinanti. Il
        signore della città di Ostuni, prima di adottare una decisione,
        vuole sapere la verità sui fatti, quindi, chiama suo figlio [Goffredo
        (doveva essere molto giovane all'epoca), non ancora conte di
        Montescaglioso], il notaio Giorgio LEONE, i proprietari confinanti con
        il territorio cegliese, Rocco Sirone, Giovanni de Monaco e Giovanni de
        Sancto e i bonorum hominum (gli amministratori comunali del tempo) ai quali
        ordina di percorrere tutto il confine fino alle terre di Monopoli (Cisternino
        e Fasano non esistevano all'epoca) e al termine riferire se davvero
        fossero stati violati i pascoli appartenenti al territorio cegliese. ACCARDO, (figlio di Goffredo II), antico
        signore normanno di Lecce e di Ostuni, apparteneva alla Dinastia reale
        degli ALTAVILLA. Viene conosciuto quale 
        Liciensis et hostunensis
        dominator (Errico CUOZZO, Istituto Storico Italiano per il Medioevo,
        Fonti per la Storia d'Italia, Catalogus Baronum, Commentario, Roma
        1984, n° 135, p.39, p.450); GOFFREDO, figlio, conte di Montescaglioso, teneva anche oppida quedam in Sicilia, Notun, Sclafanum, Calatanissetum (CUOZZO,
        cit., n°135, p.39; n°155, p.43;  n°181,
        p.52; n°1079, p.320; n°1093, p.325, p.491).   Ribelle
        nella rivolta capeggiata dal conte di Loritello, dopo la vittoria di re
        Guglielmo in Puglia alla fine del 1156, fu deportato in Sicilia e suadente Maione, privatus oculis carceri datur (U. FALCANDO, La
        Historia o Liber de Regno Sicilie e la Epistola ad Petrum Panormitane
        Ecclesie Thesaurarium, a cura di G.B. Siragusa, Fonti per la Storia
        d'Italia, pubblicate dall'Istituto Storico italiano, n°22, Roma 1897;
        CUOZZO, cit., n°135, p.39).  Il
        nome di Goffredo era presente nella stesura del Catalogus
        Baronum (a.1150), non soltanto quale titolare della contea di
        Montescaglioso ma anche come possessore della Terra di Lecce. EMMA,
        figlia, badessa nel monastero di San Giovanni Evangelista in Lecce [CUOZZO,
        cit., p.482; n°135, p.39; Michela PASTORE, Le
        pergamene di San Giovanni Evangelista in Lecce (1133-1496), Centro
        di Studi Salentini, Monumenti: I, Lecce 1970 perg.1]. Il monastero in
        argomento fu fatto costruire proprio da ACCARDO. SINE NOMINE (anonima), madre di Tancredi
        d'Altavilla (CUOZZO, cit. p.450); ALBERADA, sorella (G. CATONE, Memorie
        gesualdine, Avellino 1840, p.46-53), sposò Guglielmo, signore di
        Lucera, il quale era figlio naturale di Ruggiero Borsa, duca di Puglia (CUOZZO,
        cit., p.453; n° 707, p.193). Dal matrimonio nacque Helyas de Gisualdo
        (Cava dei Tirreni, Archivio della Badia della SS.Trinità, pergamene, E
        40, a. 1115, E 46, a.1116; CUOZZO, cit. p.193).   (La
        traduzione è stata curata dal Prof. Damiano MEVOLI, docente di Storia e
        Letteratura latina presso l'Università degli Studi di Lecce).   Nel
        nome di nostro Signore Gesù Cristo. Amen.  Nel
        1100 dalla sua Incarnazione della terza Indizione del mese di Aprile io,
        Accardo, per grazia di Dio Onnipotente, signore di Ostuni, dichiaro che
        alla presenza di buoni uomini, testi sottoscrittori, Ser Pagano, figlio
        del signore del Castello di Ceglie da noi viene in Ostuni e si lamentò
        con noi dei nostri uomini poiché invadevano la sua terra e devastavano
        il territorio: Io udendo ciò, poiché era vicino di terra, non volle
        sopportarlo, così feci venire presso di noi i miei fedeli e vicini di
        terra/Maggio de Turi e i suoi confinanti, che erano negli stessi confini
        di (Ceglie), e Giovanni di Monaco, con i suoi confinanti, Giovanni di
        Sancto e Rocco Sirone, Giorgio Leone, notaio con i figli nostri, ai
        quali ordinai di andare diligentemente e incominciare dagli stessi
        confini che si dice di Lerna, con lo stesso Ser Pagano, e i suoi uomini,
        e percorressero tutti i confini fino alle terre di Monopoli, e in
        seguito ritornassero a noi, i quali fecero così come ordinai io, e
        vennero davanti a noi e presero a dire a noi i confini con le terre con
        lo stesso Ser Pagano e con i suoi uomini naturalmente dal muro di Lerna
        dalla parte di San Vito fino alla Lama e dalla Lama fino alla cisterna
        di Maggio di Turi, e dalla cisterna fino alle corti palaziati, e dalle
        stesse corti fino al muro che va verso la Croce del muro, e dalla Croce
        del Muro fino alla via di San Vito, e dalla via di San Vito fino al
        Casile (sotto) a Monte Calvo, dal Casile viene verso la via Carolineata,
        dalla via di Carolinea fino al Votano, dal Votano viene alla Lama fino
        alla via di San Paolo, dalla via di San Paolo fino alla Specchia e dalla
        Specchia fino al ponte, dal ponte va all'altra specchia, che è in via
        di Santa Lucia, e quella va per la Lama Rachele fino al metano di Campo
        Orlando, dal metano c'è un muro che va verso la palude di Campo
        Orlando, e va verso la via di Monopoli, e continua verso il varco del
        muro ed in seguito verso un altro muro, che va verso la terra per la
        Lama fino al varco che esce sulla via di San Salvatore e per la via fino
        al luogo  (agiativo) e va
        per la Lama, ed esce dalla via che prosegue verso la palude Prociliana,
        e continua verso l'altra via di San Salvatore, dove c'è una Croce in
        pietra della via, e finisce il confine che é tra la terra di Ostuni e
        di Ceglie, e esce verso la via, e va per la Lama verso due specchie, una
        delle quali è dalla parte di oriente (fincta), della terra di Ceglie,
        udendo io, che sopra Accardo, questo da Ser Pagano, dai suoi uomini, e
        dai nostri che così concordarono, ordinai che i convenuti si
        obbligassero affinché se in qualche tempo una qualche parte andasse
        contro l'altra sia Ostunese, sia Cegliese, e la parte che abbia fatto
        tali cose, prenda all'altra parte duecento michelati buoni e sonanti e (persentes),
        in seguito quella, questa nostra carta della concessione rimanga ferma e
        stabile in ogni tempo, in cui con le nostre mani feci il segno della
        Santa Croce e al nostro (segretario?), ordinai di (imblare) di piombo.
        Che ordinai anche di sottoscrivere a Leone, notaio della nostra Città e
        feci scrivere nel mese dell'Indizione del prelodato.  Il segno della Croce la mano del signore Accardo, di
        cui sopra, il segno della Croce la mano di Sabino, soldato = Il segno,
        la mano di Rugero Strangotti, il segno, la mano di Giovanni citato prima
        = il segno la mano di Pantaleone..   Faccio
        fede io qui sottoscritto pubblico e regio notaio Tommaso Lamarina in
        Ceglie in Otranto che avendo consultato attentamente gli atti pubblici
        del fu notaio Francesco Paolo Lamarina di detta Terra, che da me sono
        conservati e in particolare il protocollo dell'anno 1622, trovo in
        quello che alla data del 26 ottobre, prima indizione di detto anno 1622,
        davanti agli interessati nella città di Ostuni si stipulò un atto tra
        l'Arciprete dr. Don Dionisio Greco e la magnifica Università (Comune)
        di Ostuni  e in detto anno
        trovo inserita la seguente copia. 
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